Giurisprudenza

Cassazione conferma licenziamento di una donna per “abuso” di Facebook sul lavoro

Attenzione a non esagerare con i social network sul posto di lavoro. La Cassazione ha confermato in via definitiva il verdetto d’appello pronunciato nei confronti della segretaria di uno studio medico, accusata di aver effettuato 6.000 accessi al web di cui 4.500 su Facebook in 18 mesi. Passare troppo tempo sui social mentre si è al lavoro è causa plausibile di licenziamento. Così la sezione lavoro della Cassazione, con sentenza nr. 3.133, ha ribadito quanto stabilito dalla corte d’appello di Brescia, biasimando l’abitudine di distrarsi su Facebook o Instagram. In particolare i supremi giudici hanno confermato quanto stabilito dalla Corte d’appello di Brescia che ha ritenuto la gravità del comportamento in “contrasto con l’etica comune» tanto da incrinare il rapporto. La condotta tenuta dalla ricorrente integra una violazione degli obblighi di diligenza e buona fede nell’espletamento della prestazione lavorativa da parte della lavoratrice. In primo grado il Tribunale di Brescia spiegò che il datore di lavoro si limitò a stampare la cronologia dal computer, «il che non richiede l’installazione di alcun dispositivo di controllo, né implica la violazione della privacy, trattandosi di dati che vengono registrati da qualsiasi computer». Inoltre, “gli accessi alla pagina Facebook personale richiedono una password, sicché non dovevano nutrirsi dubbi sulla riferibilità di essi alla ricorrente